In Piemonte corsi di diritto anti-discriminatorio per difendere adeguatamente le donne

In Piemonte corsi di formazione per il diritto anti-discriminatorio

Una formazione per gli avvocati che si sono resi disponibili a tutelare le donne vittime di violenze e che contempli la differenza di genere e le discriminazioni: la Regione Piemonte, Consigliera Regionale di Parità e Ordine degli Avvocati di Torino hanno promosso quindi  all’inizio del 2010 corsi per  fornire  conoscenze sull’evoluzione delle normative e della giurisprudenza, sugli strumenti di contrasto e sulle modalità per tutelare in modo adeguato chi ha subito violenza o discriminazioni di genere.Un totale di oltre trecento iscrizioni e quindi un ottimo successo, frutto di una sensibilizzazione all’argomento.
Il diritto anti-discriminatorio fa dunque un passo avanti: la prima iniziativa risale al 2008 e fu organizzata dalla Consigliera Regionale di Parità, Alida Vitale.
Il
percorso formativo tocca  tutti i motivi di discriminazione indicati dall’UE: genere, disabilità, età, cultura e religione, tendenze sessuali con particolare e riferimento alle discriminazioni multiple, alle molestie sul luogo di lavoro e al mobbing.

Ricordiamo anche gli organismi e le iniziative in questa direzione promosse di recente, come l’Agenzia Regionale contro le discriminazioni, l’istituzione di centri locali e la convenzione con l’ufficio apposito del Dipartimento Pari Opportunità.

Fonte: www.kila.it

Omicidi volontari in Italia: aumentano le vittime di sesso femminile

I dati del rapporto Eures-Ansa indicano che una vittima su quattro è donna

L’ultimo rapporto Eures-Ansa uscito nel 2010 centrato su “L’omicidio volontario in Italia” parla chiaro: osservando il biennio 2007-2008, la vittima è una donna in un caso su 4 (il 24,1%), anche se resta una “forte prevalenza delle vittime di sesso maschile” (il 76,2% del totale), salgono le vittime di sesso femminile, di pari passo con l’aumento dei delitti in famiglia, specie al Nord, dove sono più frequenti questo tipo di omicidi.
Le regioni che si attestano sul maggiore numero dei cosiddetti “femminicidi” è la Lombardia (26, pari al 17,7% del totale), seguita dalla Toscana (15, pari al 10,2%), dalla Puglia (14, pari al 9,5%) e dall’Emilia Romagna (12 femminicidi, pari all’8,2%). Le donne uccise sono passate dal 15,3% del totale nel periodo 1992-’94 al 23,8% del biennio 2007-2008.

Il dato sui delitti che si consumano nell’ambito domestico contro le donne emerge prepotentemente dal rapporto Eures-Ansa: esso ci fa riflettere sul grado di violenza quotidiano che si consuma dentro le famiglie e che anche può sfociare nella tragedia di un omicidio.

Se pensiamo che il 70,7% dei femminicidi è stato compiuto nel 2008 all’interno di contesti familiari (104 donne uccise, a fronte di 67 uomini), e che nel 2006 si è arrivati anche al 74%, vengono i brividi.
Aumentano anche le donne vittime della criminalità comune (21 casi, pari al 14,3% delle vittime totali in questo ambito) e degli omicidi tra conoscenti (dal 4,4% del 2006 al 6,8%): non si registra nel 2008 alcuna vittima di sesso femminile negli omicidi commessi dalla criminalità organizzata.

Quali le categorie più a rischio? Secondo il rapporto, sono le anziane le donne più colpite: 36 vittime, pari al 24,5% del totale, con numerosi omicidi di coppia o ‘pietatis causa’, ma il rischio è alto anche tra i 25 e i 34 anni, all’interno di rapporti di coppia per ragioni passionali: 32 vittime, pari al 21,8% sul totale.
La prevenzione di queste tragedie quindi parte proprio dall’individuare la violenza di genere che le donne subiscono in casa e dall’aiuto che si può dare loro ad uscire dall’invisibilità.
Come? Facendo informazione sugli strumenti diretti di intervento, come i centri e gli sportelli anti-violenza, (come quello promosso dalla Fondazione Pangea Onlus) che offrono un fondamentale aiuto alle donne che stanno subendo violenza o che hanno deciso di compiere un percorso di uscita e indirettamente, sottolineando atteggiamenti sociali e culturali che favoriscono questo clima intimidatorio fin dentro le nostre case.
Non a caso, l’anno scorso dalla Rete Internazionale delle Donne per la Solidarietà è stata varata un’iniziativa per ribadire i 30 anni di vita della Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW, 1979), il più importante strumento internazionale giuridicamente vincolante in materia di diritti delle donne. CEDAW- “Lavori in corsa” è stata promossa da una piattaforma di organizzazioni italiane di cui fa parte anche Pangea, le quali si occupano di politiche di genere.

Questi nostri dati nazionali legano la persistenza delle violenze di genere al resistere di una mentalità patriarcale e spesso maschilista, poco rispettosa della dignità della donna e dell’uguaglianza di genere.

La libertà di scelta della donna e la sua integrità psico-fisica sono valori assoluti, e come tali vanno riconosciuti senza compromessi in Italia come in tutti i Paesi del mondo.

Fonte per le statistiche:
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2010/07/03/visualizza_new.html_1849387081.html?keepThis=true&TB_iframe=true&height=500&width=750

Le Marche contro la violenza sulle donne: lo spot

E’ stata presentata ad Ancona il 3 luglio 2010 la campagna di sensibilizzazione lanciata dalla Regione Marche contro la violenza sulle donne. Sarà possibile vedere in televisione lo spot che lancia un messaggio molto diretto ma anche controverso: “La violenza ti rende invisibile. Donna, apri gli occhi” e si conclude con l’invito a rivolgersi ai Centri antiviolenza, appena rifinanziati dalla Regione con la legge 32/08.

La regione Marche sicuramente vuole comunicare che il silenzio è concausa della violenza contro le donne che rende appunto invisibili e invita le stesse ad rivolgersi ai Centri appositi, invitandole a non subire la invisibilità e ad aprire i propri occhi.

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Leggendo l’intervista sul resto del Carlino, si nota come l’assessore alle Pari opportunità Serenella Moroder ribadisca il concetto espresso nello spot e lo leghi alla precedente iniziativa regionale: “Anzitutto, continuando l’impegno informativo della prima parte della campagna, vogliamo dire con questa nuova immagine che la violenza di genere va combattuta rafforzando l’altro precedente messaggio: ‘Chi umilia una donna non è un uomo’”.

Spiega ancora l’assessore che la donna “non deve piangersi addosso ma deve reagire e, su questo, i dati forniti dall’Istat sono confortanti per le nostre Marche.“

Il messaggio pubblicitario del secondo spot prova a rendere la complessità dietro una violenza, fisica e/o psichica, subita da una donna. Essa spesso implica anche la costruzione di un muro tra se stesse e la società attorno, co-responsabile dell’invisibilità della violenza. Anche la società dovrebbe „aprire gli occhi“ e il cuore a quanto succede alle donne ed interrogarsi quanto le proprie strutture facilitino o meno sia la violenza prima, sia il rinchiudersi dentro un muro di silenzio dopo.

Secondo la Moroder, lo spot è molto incisivo. Un aiuto alle donne deve venire dunque anche dalle altre donne che possono segnalare, nell’emergenza, fatti, eventi e denunciare i responsabili.

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